L’inaugurazione

30 aprile 2004: l’Agenzia ha spalancato le porte esponendo per la prima volta i suoi gioielli a una pacifica invasione di pubblico.

Undici giorni di festeggiamenti si sono susseguiti per celebrare la rinascia dell’Agenzia, che oggi ospita la sede della prima Università di Scienze Gastronomiche al mondo, l’Albergo dell’Agenzia a quattro stelle e la Banca del Vino. Una festa di popolo con tante occasioni di divertimento, approfondimento, cultura: conferenze, concerti, cene e degustazioni.

Il giorno prima dell’inaugurazione ufficiale, giovedì 29 aprile,gli anziani di Pollenzo sono stati invitati a visitare l’Agenzia e poi a pranzo nel ristorante da Guido. Accompagnati da Carlo Petrini e dal sindaco Franco Guida, ai settantenni e oltre della frazione braidese si è offerta l’ouverture di spazi di cui hanno seguito l’evoluzione nel tempo: azienda agricola sabauda fino al ’69, poi fattoria con quaglie e fagiani alluvionata nel ’94, il successivo decadimento e, nel 2000, l’inizio dei lavori di restauro. Una simbolica riconsegna ai pollentini storici di un edificio a lungo interdetto, che aggiungerà un nuovo capitolo alla già ricca storia del piccolo borgo neogotico.

30 aprile

Venerdì è il giorno dell’inaugurazione ufficiale. Sul palco, insieme al presidente di Slow Food, ci sono Enzo Ghigo (presidente della Regione Piemonte), Franco Guida (sindaco di Bra), Giovanni Quaglia (presidente della Provincia di Cuneo), l’onorevole Teresio Delfino (sottosegretario del Ministero delle Politiche Agricole) e Vasco Errani presidente della regione Emilia Romagna (come rappresentante della seconda sede dell’Università di Scienze Gastronomiche a Colorno, nei pressi di Parma). In platea, e poi a brindare nell’arioso cortile o sotto i portici dell’Agenzia, esponenti del mondo politico nazionale, amici e tutto il popolo Slow.

1 e 2 maggio

Sabato e domenica sono i giorni della festa, del mercato dei Presidi nel Cortile dell’Agenzia e dei musicisti di strada, con le fisarmoniche e i fiati a farla da padrone. Il pubblico invade la biblioteca dell’Università, visita la hall dell’albergo o si ferma ad ascoltare gruppi dai nomi ruspanti, e note di conseguenza: Calagiubella, mishkalè, Raviole al Vin, Canalensis Brando e tanti altri. Musica klezmer nel prato all’ingresso, tradizionale piemontese sotto il portico di Guido, blues e soul nel cortile interno e cori di Langa sotto il pergolato dell’albergo.
Nella Banca del Vino, i Barolo e i Barbaresco di Bruno Giacosa strappano applausi ai fortunati che si sono aggiudicati un posto nella degustazione e i soliti timidi silenzi al suo produttore: vignaiolo piemontese doc anche nella composta ritrosia.

«La realizzazione dell’Agenzia di Pollenzo è il risultato dell’intelligenza di uomini liberi, con diverse idee politiche, che hanno lavorato con pragmatismo tipicamente piemontese, sempre disponibili al confronto, pur restando rigorosamente fermi sulle proprie idee». Carlo Petrini, discorso d’inaugurazione.

Ad aprire la serie di incontri nella sala conferenze dell’Agenzia è Roberto Vecchioni, con una chiacchierata insieme a due vecchi amici del Premio Tenco – Petrini e Silva. Prendendo spunto dal suo recente “Il libraio di Selinunte”, edito da Einaudi, il Professore scolpisce un monumento alla sacralità della parola, alla sua storia e inviolabilità soprattutto in un’epoca nella quale è diventata “merce di scambio, mera convenzione”. Finale d’obbligo, a grande richiesta, con le classiche del suo repertorio.

Sabato sera si ritorna al dialetto piemontese, con il cabaret musicale dei Trelilu: metà pubblico ride in sincrono; i numerosi soci extraregionali di Slow Food, che non hanno voluto mancare allo storico appuntamento, dopo la traduzione.

Annate introvabili di Château d’Yquem (si parte dal ’50) nella degustazione di lunedì 3 maggio, presentate da Alexandre de Lur Saluces e Gianni Fabrizio. Due ore prima Lur Saluces aveva dibattuto con altri miti dell’enogastronomia mondiale – Paul Bocuse, Gualtiero Marchesi e Angelo Gaja – sul tema della nouvelle cousine a trent’anni dalla sua comparsa. Uno chef versus vignerons che ha attirato un pubblico di “stelle” e frequentatori di “stelle”, stipando la sala conferenze.

Nei giorni successivi le degustazioni nella Banca del Vino si affolleranno per le grandi etichette della maison Chapoutier, per i Barbareschi delle annate dal 1998 al 2001, i Baroli dei “magnifici anni Novanta” e per il Siepi del Castello di Fonterutoli, gioiello chiantigiano.

Giovedì 6 maggio, giorno di ressa. Il pubblico riempie in pochi minuti la sala conferenze e agli altri tocca “accontentarsi” del maxischermo piazzato all’esterno, nel cortile. Si alternano le battute, le ricette e le note di Gianmaria Testa, Giorgio Conte, Michele Serra e Francesco Guccini.

Altra serata “d’autore” il sabato: l’ironia travolgente della Banda Osiris (Orso d’Argento al Festival del Cinema di Berlino) si alterna alle note struggenti del contrabbasso di Ezio Bosso (autore della colonna sonora del film “Io non ho paura” di Gabriele Salvatores). In mezzo, parole su “musica e cinema”, moderate da Alberto Barbera, responsabile del Museo Nazionale del Cinema di Torino, e Stefano Sardo, direttore artistico di Slow Food On Film.

Domenica 9 maggio: per il gran finale si cambia sede. Da Pollenzo si passa a Bra, al Teatro Politeama riportato in vita e recentemente inaugurato dopo decenni di abbandono. Umberto Eco, con Gad Lerner e Carlo Petrini, dibatte sul tema “La nuova Università: esiste un sapere europeo?”.

Con la presentazione in serata dei Presidi sudamericani e del progetto Terra Madre si chiude una favolosa kermesse che è arrivata a contare più di 40 000 visitatori.

Scarica il racconto dell’inaugurazione in formato PDF 

“Oggi il cibo è inteso come carburante, consumato in solitudine senza l’elemento fondamentale della comunicazione: una mostruosa regressione, così come le tecniche industriali di allevamento e macellazione degli animali, prive dell’essenziale rispetto dovuto a ciò che ci nutre” Enzo Bianchi, biblista e priore della Comunità di Bose, a Pollenzo martedì 4 Maggio 2004 per la conferenza “Noi siamo ciò che mangiamo”.